sabato 9 gennaio 2010

I fatti di Rosarno.

ROSARNO : UNA RIVOLTA ANNUNCIATA.



Sembra trascorso più di un secolo da quando, col sindaco Peppe Lavorato, Rosarno affrontava la questione dei migranti nel segno della tolleranza e dell’integrazione.

Sembra che Caulonia e Riace siano distanti più di mille chilometri dalla Piana di Gioia Tauro. In questi due comuni calabresi si è voluta considerare l’immigrazione come una grande opportunità per far rivivere paesi dell’interno, altrimenti destinati dall’emigrazione all’invecchiamento della popolazione e allo spopolamento graduale e totale.

I fatti gravi di questi giorni sono la ricaduta delle grandi contraddizioni che vive il nostro Paese e la nostra regione rispetto ad una problematica sicuramente difficile, ma che è aggravata da una legge assurda e pericolosa (la Bossi-Fini), da una assenza di politiche coerenti e efficaci di emersione del lavoro nero e irregolare, dall’assenza dello Stato e delle Istituzioni in larga parte del territorio calabrese e meridionale.

In Calabria la situazione diventa esplosiva per la presenza pervasiva e ossessiva della ‘ndrangheta, per il controllo che esercita sul territorio, per i suoi collegamenti con pezzi della politica e dell’apparato burocratico in tutto il territorio regionale.

Questa è la lettura degli avvenimenti di Rosarno, esplosi in tutta la loro gravità dopo l’ennesimo atto di provocazione e intimidazione mafiosa. Non è dato ancora sapere se legati al tentativo di dare un nuovo segnale di presenza attiva e di predominio territoriale, proprio nel mentre a Reggio Calabria si teneva la riunione dopo l’attentato alla Procura della Repubblica della città dello stretto.

Chi oggi si permette di parlare di una Calabria “leghista” non sa quello che dice, tenta maldestramente di strumentalizzare una rivolta provocata da mesi di tensione, da una situazione di povertà, degrado e sfruttamento, da condizioni di violenza e sottomissione quotidiana.



La cosa più grave è che, nonostante la manifestazione pacifica di qualche mese fa per rispondere all’ennesimo attacco nei confronti dell’ex cartiera e ai ferimenti di alcuni “braccianti di colore” e l’inchiesta della Rai sulle condizioni di vita, di lavoro, igienico sanitarie degli accampamenti dei migranti di colore, non si sia fatto nulla, non si è messa in piedi una politica di superamento di questa vergogna nazionale.

Eppure, l’inchiesta metteva a nudo lo sfruttamento disumano a cui erano e sono sottoposti i migranti da parte del caporalato, il pizzo che sono costretti a versare, le condizioni di indigenza e povertà assolute, le condizioni di degrado in cui sono costretti a vivere, la pericolosità dal punto di vista igienico sanitario.

Ora la questione è sotto l’attenzione generale in tutto il Paese.

Proprio per questo è necessario che si parta da una denuncia forte delle intimidazioni, delle violenze e dei ferimenti subiti dalla comunità africana che lavora e vive a Rosarno e nella Piana di Gioia Tauro.

Dopo, per la Sinistra, si rende obbligatoria una battaglia seria per l’abolizione della Legge Bossi-Fini sull’immigrazione, per rimettere le cose a posto, ritornare a parlare di accoglienza, tolleranza e integrazione, non utilizzare le questioni della sicurezza e della paura delle persone per inserire provvedimenti che minano l’uguaglianza dei cittadini e le loro libertà individuali.

Infine, proprio nel mentre il Governo a Reggio Calabria è venuto ad annunciarci il potenziamento delle forze dell’ordine (121 unità) e dei giudici per la procura e la costituzione del Comitato per i beni confiscati, è importante ribadire che la lotta alle mafie e alla ‘ndrangheta (che si scopre essere “rilevante” nazionalmente) ha bisogno di una forte repressione, ma anche di politiche sociali e del lavoro che tolgano la regione dalla depressione economica e civile, che facciano superare una situazione di arretratezza, povertà e indigenza, che diventano il terreno più fertile per imporre la supremazia dei poteri mafiosi. E non ha bisogno di provvedimenti nazionali a favore dei mafiosi come l’asta per i beni confiscati e lo scudo fiscale.

Se da un lato, quindi, è prioritario riportare la calma a Rosarno, dall’altro occorre affrontare la questione in modo organico (certamente non col trasferimento degli immigrati nel CPS di Crotone – come si sta facendo), affrontando i problemi alla radice, partendo dalla soluzione dei problemi di lavoratori, che sono venuti nel nostro Paese per ricercare una migliore condizione di vita e che hanno trovato, al contrario, sfruttamento, violenza e repressione, insomma, una situazione peggiore di quella da cui sono fuggiti.







Catanzaro, 9.1.2010
Fernando Pignataro

Comitato Scientifico Nazionale SEL